Disturbi d'Ansia

  • Disturbo d'Ansia di Separazione
  • Mutismo selettivo
  • Fobia Specifica
  • Disturbo d'Ansia Sociale
  • Disturbo di panico
  • Agorafobia
  • Disturbo d'Ansia Generalizzata

Disturbo d'Ansia di Separazione

La caratteristica principale del disturbo d’ansia di separazione è l’ansia eccessiva manifestata dal bambino quando si deve separare da qualcuno della famiglia a cui è profondamente legato (di solito la figura materna).

Tale stato di ansia deve essere inadeguato al livello di sviluppo e comparire per la prima volta nei primi sei anni di vita.
I soggetti affetti da ansia da separazione hanno di solito un comportamento normale finché sono in presenza del genitore o della figura primaria di attaccamento, ma manifestano intensa ansia nel momento in cui vengono da essa separati.
Inoltre tendono ad esprimere paure irrealistiche e persistenti riguardo al verificarsi di eventi catastrofici che li possano separare per sempre dai genitori.
I bambini con disturbo d’ansia di separazione temono di essere rapiti o di incorrere in qualche grave incidente o malattia se lontani dai genitori, oppure che ai genitori capiti qualcosa di brutto quando sono lontani.
Di solito evitano di rimanere soli anche per pochi minuti. Possono manifestare un’intensa riluttanza ad andare a scuola, in quanto ciò comporta un distacco dalla madre o, più in generale, dalla figura primaria di attaccamento.
I bambini con ansia da separazione spesso hanno difficoltà all’ora di andare a letto e possono insistere perché qualcuno stia con loro finché non si addormentano. Quando si trovano ad essere separati dai genitori possono manifestare sintomi fisici quali mal di testa, vomito, mal di stomaco, dolori addominali.
Lontani da casa, tendono ad essere tristi, chiedono di telefonare ai genitori e di essere riportati a casa.

Il disturbo d’ansia di separazione talvolta può svilupparsi dopo qualche evento di vita stressante (per esempio, la morte di un parente o di un animale domestico, una malattia del bambino o di un parente, un cambiamento di scuola, un trasloco in un’altra zona, o un’immigrazione).
L’anomalia deve durare almeno 4 settimane, iniziare prima dei 18 anni e causare disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, scolastica (lavorativa), o di altre aree importanti del funzionamento.

I bambini affetti da ansia da separazione sono spesso descritti come richiedenti, intrusivi, e bisognosi di attenzione costante. Le eccessive richieste del bambino spesso divengono una fonte di frustrazione per i genitori, e portano a risentimento e a conflittualità familiare.

Spesso, se non trattati, questi bambini possono sviluppare in fase adolescenziale attacchi di panico, agorafobia o un vero e proprio disturbo dipendente di personalità. Anche le relazioni affettive da adulto possono essere caratterizzate da forme di dipendenza affettiva.


Mutismo Selettivo

Il mutismo selettivo (MS) è un disturbo d’ansia che impedisce al bambino di esprimersi attraverso una normale verbalizzazione: la caratteristica principale del disturbo è la costante incapacità di parlare in situazioni sociali nelle quali ci si aspetta che l’eloquio sia presente se pur questo sia normale e avvenga liberamente in altri contesti considerati familiari.

Il termine “selettivo” indica che il bambino riesce ad esprimersi solo con determinate persone delle quali si fida e in alcune circostanze nelle quali si sente sereno (solitamente l’ambiente familiare) ma mostra difficoltà in ambienti sociali in cui non si sente a proprio agio.
Decorso:
Può verificarsi per alcuni mesi oppure mantenersi per diversi anni. Una remissione completa del disturbo è presente nella maggior parte dei casi, tuttavia possono permanere difficoltà comunicative e relazionali.

Diffusione:  Il tasso di diffusione nei bambini oscilla tra lo 0,2% e lo 0,8% anche se negli ultimi anni la percentuale sembra in aumento. La difficoltà a stabilire con precisione una stima è dovuta alla mancanza di un modello univoco circa le cause e gli strumenti di valutazione.

Prevalenza:
 Più frequente nel sesso femminile probabilmente perché le bambine sono più inclini all’ansia, con un rapporto femmine-maschi di 2:1, rappresentando un’eccezione rispetto agli altri disturbi dell’età evolutiva nei quali si riscontra una prevalenza del sesso maschile.

Esordio: 
Questo ha un esordio precoce, tra i 2 e i 4 anni infatti emergono i primi sintomi quali timidezza, rifiuto di parlare in certe situazioni e comportamento riservato. Il disturbo è riconoscibile in modo chiaro solamente quando il bambino inizia a frequentare la scuola materna o la primaria poiché questi tendenzialmente rappresentano i primi contesti al di fuori dell’ambiente familiare in cui il bambino deve parlare.

 Cause e disturbi correlati
Le cause responsabili del Mutismo Selettivo sono ad oggi poco chiare poiché le spiegazioni presenti in letteratura sono varie e ampiamente diversificate. L’ipotesi più accreditata è che il disturbo sia una condizione eterogenea determinate da diversi fattori, in primis fattori genetici e ambientali.
Secondo il modello bio-psico-sociale, l’evidenza di tratti temperamentali costanti nei bambini con Mutismo Selettivo e la presenza di tratti simili nei genitori porta ad ipotizzare un ruolo dei fattori neurobiologici e genetico-familiari all'origine del disturbo. Accanto all'ipotesi neurobiologica risulta di fondamentale importanza il ruolo dei fattori psicologici e sociali, tuttavia contrariamente a quanto si potrebbe pensare ricerche recenti non supportano l’idea secondo la quale esperienze traumatiche vissute dai bambini siano da considerarsi potenziale causa d’insorgenza del disturbo. Un potenziale fattore di rischio è rappresentato dalla migrazione del nucleo familiare: il rischio di sviluppare la patologia in questi bambini è tre volte superiore rispetto alla popolazione nativa, tuttavia in questi casi la diagnosi è più complessa perché un periodo caratterizzato dall’assenza di comunicazione verbale è tipico in questi bambini.
Differenti modelli psicologici hanno cercato di rintracciare le cause del disturbo. Secondo il modello psicodinamico l’origine del Mutismo Selettivo è da ricondursi a problematiche nell’ambito dell’oralità in rapporto ad un rigido legame con la madre. La prospettiva sistemico familiare dal canto suo chiama in causa rapporti familiari difficili, attribuendo grande peso alla relazione genitore-figlio. Il modello psicologico ad oggi maggiormente diffuso è quello cognitivo-comportamentale che vede il disturbo come il risultato di esperienze di apprendimento rinforzate negativamente: il silenzio è utilizzato come strumento per controllare e gestire l’ansia.

Manifestazioni cliniche:
Alcuni soggetti presentano disturbi specifici o ritardi del linguaggio mentre altre ricerche hanno riscontrato difficoltà nella coordinazione motoria generale e in quella manuale nonché deficit di processazione uditiva. La nuova categorizzazione diagnostica suggerisce comorbilità con i disturbi internalizzanti, in particolar modo la sintomatologia ansiosa risulta essere il pattern di disturbi maggiormente correlato.
Questi bambini sono consapevoli della loro difficoltà, provando molta sofferenza e frustrazione perché desiderano fortemente riuscire a parlare e giocare con gli amici. A causa della forte paura che le interazioni sociali suscitano in questi bambini le loro espressioni facciali risultano inespressive, vi è difficoltà a mantenere il contatto visivo con l’interlocutore e elevata sensibilità per l’ambiente circostante. Il linguaggio del corpo è impacciato e goffo quando si rivolge loro attenzione, è tipico di questi bambini voltare la testa o guardare a terra durante una conversazione, toccarsi i capelli (segnale di un elevato livello di ansia) oppure nascondersi.
Molto spesso i bambini lamentano sintomi fisici quali: mal di stomaco, mal di testa, nausea, manifestazioni di pianto o di collera; con l’aumentare dell’età i sintomi si modificano in palpitazioni cardiache, svenimenti, tremori e eccessiva sudorazione. A scuola molti bambini hanno difficoltà a chiedere di andare al bagno e a mangiare: i bambini rifiutano di nutrirsi, nascondono il cibo o attendono che i compagni abbiano terminato il pranzo e se ne siano andati.

Valutazione Diagnostica: 
La valutazione deve essere compiuta nel modo più completo possibile, ricorrendo ad un approccio diagnostico multimodale e considerando i possibili fattori di comorbilità. Compiere un’anamnesi dettagliata della storia di vita del bambino appare fondamentale perché alcuni segnali di allarme del disturbo possono essere rintracciati durante lo sviluppo: fattori biologici-temperamentali (difficoltà di addormentamento, disturbi del sonno, irrequietezza), fattori cognitivi-affettivi (vulnerabilità, vergogna) e fattori socio-culturali e familiari (stile educativo ansioso, scarse competenze sociali della famiglia).

 Il ruolo della famiglia e della scuola:
Famiglia e scuola rappresentano i due ambienti principali in cui il bambino vive, affinché si possa realizzare un intervento efficace la psicoeducazione dei genitori e degli insegnanti è fondamentale.
Nella maggior parte dei casi, i bambini selettivamente muti intrattengono una normale conversazione nell’ambiente domestico provocando confusione nei genitori posti davanti al mutismo dei figli negli altri contesti. I genitori e i famigliari devono capire e accettare il disturbo, evitando di focalizzare l’attenzione sulla mancanza della parola. È necessario che i genitori comprendano il disagio del figlio e mettano in atto strategie per diminuire lo stato ansioso: avere una routine fissa può essere d’aiuto a questi bambini soprattutto in momenti particolari della giornata come la mattina prima della scuola. Per aiutare i propri figli i genitori dovrebbero incoraggiare le interazioni sociali, magari organizzando incontri con l’amico di scuola con cui il bambino si trova più a suo agio.
La scuola rappresenta per i bambini con MS un luogo in cui si sentono moto a disagio. Le maestre non devono forzare i bambini a parlare, ai docenti è richiesta una grande attenzione e preparazione nel saper cogliere i segnali di malessere del bambino. La maestra deve essere comprensiva e disponibile e permettere la comunicazione non verbale; è possibile e necessario valutare le conoscenze apprese come qualsiasi altro alunno ricordando però che l’ansia influenza la prestazione scolastica: è consigliabile utilizzare test non verbali senza limiti di tempo durante lo svolgimento delle prove di verifica.

Mutismo selettivo in età adulta:
La maggior parte delle volte il mutismo selettivo si risolve prima dell’età adulta, tuttavia ci sono casi in cui il disturbo continua in adolescenza e oltre.
Un adolescente muto selettivo quasi certamente convive con il disturbo da molti anni nel corso dei quali ha sviluppato e rinforzato meccanismi di comportamento errato per gestire l’ansia, affrontando ogni situazione ansiogena con il silenzio. A differenza dei bambini più piccoli, i ragazzi con mutismo selettivo sono pienamente consapevoli della loro situazione e nel corso degli anni hanno imparato a mascherare i segnali d’ansia. I vissuti di questi ragazzi sono caratterizzati per la maggior parte da isolamento e solitudine.
Poca considerazione è stata riservata alla presenza del disturbo in età adulta. Dall’analisi dei dati presenti non è possibile ottenere una stima dell’incidenza del disturbo riferita a quest’età, si può ipotizzare però che la diffusione negli adulti sia inferiore all’1% in quanto, generalmente, il disturbo presenta completa risoluzione nell’infanzia. In linea generale si può affermare che soggetti adulta con una storia presente o passata di mutismo selettivo presentano disturbi principalmente legati alla sintomatologia ansiosa, in particolar modo disturbo d’ansia sociale e difficoltà relazionali.

Fobia Specifica

La fobia è una paura marcata e persistente con caratteristiche peculiari:
  • è sproporzionata rispetto al reale pericolo dell’oggetto o della situazione;
  • non può essere controllata con spiegazioni razionali, dimostrazioni e ragionamenti;
  • supera la capacità di controllo volontario che il soggetto è in grado di mettere in atto;
  • produce l’evitamento sistematico della situazione-stimolo temuta;
  • permane per un periodo prolungato di tempo senza risolversi o attenuarsi;
  • comporta un certo grado di disadattamento per l’interessato;
  • l’individuo riconosce che la paura è irragionevole e che non è dovuta ad effettiva pericolosità dell’oggetto, attività o situazione temuta.
La fobia è dunque una paura estrema, irrazionale e sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari tormenti psicologici. Chi ne soffre, infatti, è sopraffatto dal terrore all’idea di venire a contatto magari con un animale innocuo come un ragno o una lucertola, o di fronte alla prospettiva di compiere un’azione che lascia indifferenti la maggior parte delle persone (ad esempio, il claustrofobico non riesce a prendere l’ascensore o la metropolitana).

Le persone che soffrono di fobie si rendono perfettamente conto dell’irrazionalità della propria paura, ma non possono controllarla.
L’ansia da fobia, o “fobica”, si esprime con sintomi fisiologici come tachicardia, vertigini, extrasistole, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. Con la paura si sta male e si desidera una cosa sola: fuggire! Scappare, d’altra parte, è una strategia di emergenza.

La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura, sebbene riduca sul momento gli effetti della fobia, in realtà costituisce una micidiale trappola: ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento successivo (in termini tecnici si dice che ogni evitamento rinforza negativamente la paura).

Tale spirale di progressivi evitamenti produce l’incremento, non solo della sfiducia nelle proprie risorse, ma anche della reazione fobica della persona, al punto da interferire significativamente con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre più limitante.

Ad esempio, chi ha la fobia dell’aereo può trovarsi, ad esempio, a rinunciare a molte trasferte, e la cosa diventa imbarazzante se è necessario spostarsi per lavoro. Chi invece ha paura degli aghi e delle siringhe può rinunciare a controlli medici necessari o privarsi dell’esperienza di una gravidanza. Chi ha paura dei piccioni non attraversa le piazze e non può godersi un caffè seduto ai tavolini di un bar all’aperto e così via.

Tipi di fobie
Le più comuni fobie specifiche, generalmente sono ben gestite dai soggetti evitando gli stimoli temuti, che si classificano così:
  • Tipo animali: Fobia dei ragni (aracnofobia), fobia degli uccelli o fobia dei piccioni (ornitofobia), fobia degli insetti, fobia dei cani (cinofobia), fobia dei gatti (ailurofobia), fobia dei topi, ecc..
  • Tipo ambiente naturale: Fobia dei temporali (brontofobia), fobia delle altezze (acrofobia), fobia del buio (scotofobia), fobia dell’acqua (idrofobia), ecc..
  • Tipo sangue-iniezioni-ferite: Fobia del sangue (emofobia), fobia degli aghi, fobia delle siringhe, ecc.. In generale, se la paura viene provocata dalla vista di sangue o di una ferita o dal ricevere un’iniezione o altre procedure mediche invasive.
  • Tipo situazionale: Nei casi in cui la paura è provocata da una situazione specifica, come tunnel, ponti, ascensori, volare (aviofobia), guidare, oppure luoghi chiusi.
  • Altro tipo: Nel caso in cui la paura è scatenata da altri stimoli.

Disturbo d'Ansia Sociale

La caratteristica principale del disturbo d'ansia sociale (fobia sociale) è la paura di agire, di fronte agli altri, in modo imbarazzante o umiliante e di ricevere giudizi negativi. L’ansia sociale può portare chi ne soffre ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per paura di comportarsi in modo “sbagliato” e di venir mal giudicati.

Dati epidemiologici:E' un disturbo alquanto diffuso tra la popolazione. Secondo alcuni studi, la percentuale di persone che ne soffre va dal 3% al 13%. Sempre secondo questi studi sembra che l’ansia sociale caratterizzi più le donne che gli uomini.

Solitamente le situazioni più temute da chi soffre di ansia sociale sono quelle che implicano la necessità di dover fare qualcosa davanti ad altre persone, come ad esempio esporre una relazione o anche solo firmare, telefonare o mangiare; a volte può creare ansia sociale semplicemente entrare in una sala dove ci sono persone già sedute, oppure parlare con un proprio amico.
Le persone che soffrono di fobia sociale temono di apparire ansiose e di mostrarne i “segni”, cioè temono di diventare rosse in volto, di tremare, di balbettare, di sudare, di avere batticuore, oppure di rimanere in silenzio senza riuscire a parlare con gli altri, senza avere la battuta “pronta”.
Infine, accade spesso che chi sperimenta ansia sociale, quando non si trova in una situazione temuta, riconosca come irragionevole la propria paura e tenda, conseguentemente, ad auto accusarsi e rimproverarsi per non riuscire a fare cose che tutti fanno.
Questo disturbo, se non trattato, tende a rimanere stabile e cronico, e spesso può dare luogo ad altri disturbi come la depressione.


Esordio:
Tale disturbo sembra esordire normalmente in età adolescenziale o nella prima età adulta.

Sintomatologia:
La caratteristica principale è data dalla paura di trovarsi in situazioni sociali o di essere osservati mentre si sta facendo qualcosa, come ad esempio parlare in pubblico o, più semplicemente, parlare con una persona, scrivere, mangiare o telefonare.
Nelle situazioni sociali temute, gli individui con ansia sociale sono preoccupati di apparire imbarazzati e, soprattutto, sono timorosi che gli altri li giudichino ansiosi, deboli, “pazzi”, o stupidi.
Sono sintomi, quindi, temere di parlare in pubblico per la preoccupazione di dimenticare improvvisamente quello che si deve dire o per la paura che gli altri notino il tremore delle mani o della voce, oppure l’ansia estrema quando si conversa con gli altri per la paura di apparire poco chiari.
I sintomi possono condurre il soggetto ad evitare di mangiare, bere o scrivere in pubblico, per timore di rimanere imbarazzato dal fatto che gli altri possano vedere le sue mani tremare.Ovviamente, queste persone cercano in tutti i modi evitare tali situazioni o, se vi sono costrette, sopportano tali situazioni con un carico di disagio molto elevato.

I sintomi di attivazione fisiologica legati all'ansia percepita sono: palpitazioni (79%), tremori (75%), sudori (74%), tensione muscolare (64%), nausea (63%), secchezza delle fauci (61%), vampate di calore (57%), arrossamenti (51%), mal di testa (46%).

Un’altra caratteristica tipica di questo disturbo è una marcata ansia anticipatoria. Così, già prima di affrontare una situazione sociale (per esempio andare ad una festa o andare ad una riunione di lavoro), le persone cominciano a preoccuparsi per tale evento.



Disturbo di Panico

Gli attacchi di panico (detti anche crisi di panico) sono episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente.

Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi. Ad esempio palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, vertigini, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore.

Chi ha provato gli attacchi di panico li descrive come un’esperienza terribile, spesso improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta. E’ ovvio che la paura di un nuovo attacco diventa immediatamente forte e dominante.

Il singolo episodio, quindi, sfocia facilmente in un vero e proprio disturbo di panico, più per “paura della paura” che altro. La persona si trova rapidamente invischiata in un tremendo circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta “agorafobia“. Ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato.

Con la paura degli attacchi di panico diventa quindi difficile e ansiogeno uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via.

L’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente ed il paziente diviene schiavo del panico. Costringe spesso tutti i familiari ad adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque. Ne consegue un senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere “grande e grosso” ma dipendente dagli altri, che può condurre ad una depressione secondaria.

Caratteristiche:
La caratteristica essenziale del disturbo da attacchi di panico è la presenza di attacchi ricorrenti e inaspettati. Questi sono seguiti da almeno 1 mese di preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico.
La persona si preoccupa delle possibili implicazioni o conseguenze degli attacchi d’ansia e cambia il proprio comportamento in conseguenza degli attacchi. Principalmente evita le situazioni in cui teme che essi possano verificarsi.
Il primo attacco di panico è generalmente inaspettato, cioè si manifesta “a ciel sereno”, per cui il soggetto si spaventa enormemente e, spesso, ricorre al pronto soccorso. Poi possono diventare più prevedibili.

Diagnosi:
Per la diagnosi sono richiesti almeno due attacchi di panico inaspettati, ma la maggior parte degli individui ne hanno molti di più.
Gli individui con Disturbo di Panico mostrano caratteristiche preoccupazioni o interpretazioni sulle implicazioni o le conseguenze degli attacchi di panico. La preoccupazione per il prossimo attacco o per le sue implicazioni sono spesso associate con lo sviluppo di condotte di evitamento. Queste possono determinare una vera e propria Agorafobia, nel qual caso viene diagnosticato il Disturbo di Panico con Agorafobia.
Di solito gli attacchi sono più frequenti in periodi stressanti. Alcuni eventi di vita possono infatti fungere da fattori precipitanti, anche se non indicono necessariamente un attacco di panico. Tra gli eventi di vita precipitanti riferiti più comunemente troviamo:
  • il matrimonio o la convivenza
  • la separazione
  • la perdita o la malattia di una persona significativa
  • l’essere vittima di una qualche forma di violenza
  • problemi finanziari e lavorativi
I primi attacchi si verificano di solito in situazioni agorafobiche (come guidare da soli o viaggiare su un autobus in città) e comunque spesso in qualche contesto stressante.
Gli eventi stressanti, le situazioni agorafobiche, il caldo e le condizioni climatiche umide, le droghe psicoattive possono infatti far insorgere sensazioni corporee anomale. Queste possono essere interpretate in maniera catastrofica, aumentando il rischio di sviluppare attacchi di panico.

Sintomi:
L’attacco di panico ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito entro 10 minuti o meno) e dura circa 20 minuti (ma a volte molto meno o di più).
I sintomi tipici degli attacchi di panico sono:
  • Palpitazioni/tachicardia (battiti irregolari, pesanti, agitazione nel petto, sentirsi il battito in gola)
  • Paura di perdere il controllo o di impazzire (ad esempio, la paura di fare qualcosa di imbarazzante in pubblico o la paura di scappare quando colpisce il panico o di perdere la calma)
  • Sensazioni di sbandamento, instabilità (capogiri e vertigini)
  • Tremori fini o a grandi scosse
  • Sudorazione
  • Sensazione di soffocamento
  • Dolore o fastidio al petto
  • Sensazioni di derealizzazione (percezione del mondo esterno come strano e irreale, sensazioni di stordimento e distacco) e depersonalizzazione (alterata percezione di sé caratterizzata da sensazione di distacco o estraneità dai propri processi di pensiero o dal corpo)
  • Brividi
  • Vampate di calore
  • Parestesie (sensazioni di intorpidimento o formicolio)
  • Nausea o disturbi addominali
  • Sensazione di asfissia (stretta o nodo alla gola)
Intensità e decorso:
Non tutti i sintomi sono necessari perché si tratti di un attacco di panico. Vi sono molti attacchi caratterizzati solo o in particolare da alcuni di questi sintomi. La frequenza e la gravità dei sintomi varia ampiamente nel corso del tempo e delle circostanze.
Ad esempio, alcuni individui presentano attacchi moderatamente frequenti (per es., una volta a settimana), che si manifestano regolarmente per mesi. Altri riferiscono brevi serie di attacchi più frequenti, magari con sintomi meno intensi (per es., quotidianamente per una settimana). Queste sono intervallate da settimane o mesi senza attacchi o con attacchi meno frequenti (per es., due ogni mese) per molti anni.

Vi sono anche i cosiddetti attacchi paucisintomatici, molto comuni negli individui con Disturbo di Panico, che sono degli attacchi in cui si manifestano soltanto una parte dei sintomi del panico, senza esplodere in un vero attacco. La maggior parte degli individui con sintomi paucisintomatici, tuttavia, hanno avuto attacchi di panico completi, con tutti i sintomi classici, in qualche momento nel corso del disturbo.

Preoccupazioni associate all’attacco di panico:
Durante un attacco di panico, pensieri catastrofici automatici e incontrollati riempiono la mente della persona. Questa ha quindi difficoltà a pensare chiaramente e teme che tali sintomi siano veramente pericolosi. Alcuni temono che gli attacchi indichino la presenza di una malattia non diagnosticata, pericolosa per la vita (per es., cardiopatia, epilessia). Nonostante i ripetuti esami medici e la rassicurazione, possono rimanere impauriti e convinti di essere fisicamente vulnerabili.
Altri temono che i sintomi dell’attacco di panico indichino che stanno “impazzendo” o perdendo il controllo, o che sono emotivamente deboli e instabili.


Agorafobia

I pazienti con sintomi di Agorafobia temono le situazioni in cui è difficile scappare o ricevere soccorso; di conseguenza, essi evitano tali luoghi al fine di controllare l’ansia legata alla prefigurazione di una nuova crisi di panico.

Infatti, nella maggior parte dei casi, l’agorafobia è un problema che emerge secondariamente all’insorgenza di attacchi di panico o crisi d’ansia minori; si instaura quando il soggetto agorafobico comincia ad evitare sistematicamente tutti i luoghi, le situazioni ed i contesti nei quali ci potrebbero essere ostacoli alla possibilità di essere aiutati.

Tra le situazioni che più frequentemente vengono evitate da chi mostra sintomi di agorafobia si riscontrano: uscire da soli o stare a casa da soli; guidare o viaggiare in automobile; frequentare luoghi affollati come mercati o concerti; prendere l’autobus o l’aeroplano; essere su un ponte o in ascensore.

Quando questi evitamenti iniziano a compromettere le attività quotidiane ed il funzionamento socio-lavorativo della persona allora si parla di agorafobia. Talvolta, il problema è più difficile da individuare perché il soggetto non evita certe situazioni temute ma diviene incapace di affrontarle senza l’assistenza di una persona di fiducia.

L’agorafobia può essere diagnosticata all'interno del disturbo di panico con agorafobia o come agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico. In questo ultimo caso, le crisi che il paziente evita sono caratterizzate da sintomi d’ansia tipo panico, ma senza tutte le caratteristiche dell’attacco di panico vero e proprio.

L’agorafobia è in sintesi caratterizzata da sintomi quali:
  • Ansia legata al trovarsi in luoghi in cui sarebbe difficile allontanarsi, fuggire oppure chiedere e ricevere soccorso, nel caso in cui si verificasse un attacco di panico o una crisi d’ansia.
  • Le situazioni temute vengono evitate o affrontate con molta difficoltà oppure tramite il supporto di un accompagnatore.
  • L’ansia e l’evitamento limitano il funzionamento socio-lavorativo del soggetto e non derivano da altri tipi di paura o fobie (evitare gli ascensori per un claustrofobico, evitare le situazioni sociali per il fobico sociale, evitare stimoli che ricordino un evento traumatico nel disturbo post-traumatico da stress).

Disturbo d'Ansia Generalizzata

La persona con Disturbo d’Ansia Generalizzata sperimenta un costante stato d’ansia, spesso concernente piccole cose e caratterizzato da attesa apprensiva con anticipazione pessimistica di eventi negativi o catastrofici di ogni genere e natura.
Oltre a questa eccessiva e incontrollabile preoccupazione per qualsiasi circostanza, l’ansia generalizzata si manifesta anche con sintomi somatici, quali sudorazione, vampate, batticuore, extrasistole, nausea, diarrea, bocca secca, nodo alla gola, ecc..
Talvolta vengono lamentati disturbi muscolo-scheletrici, come tensione (soprattutto alla nuca e al collo), tic, tremori, affaticabilità. La tensione muscolare tipica del disturbo d’ansia generalizzato può inoltre esprimersi con manifestazioni algiche diffuse o cefalee.
I soggetti con questo disturbo sono spesso irritabili, irascibili, incapaci di rilassarsi e persino di mantenere la concentrazione; sono descritti come persone spesso irrequiete, distratte e impazienti.
Frequentemente soffrono di insonnia e rimuginano sull'eventualità di disgrazie incombenti, per sé ed altri.

I bambini con Disturbo d’Ansia Generalizzato tendono a preoccuparsi troppo delle proprie prestazioni e, nel corso del disturbo, il nucleo della preoccupazione può spostarsi da un oggetto ad un altro.

Decorso: Il disturbo – tendenzialmente cronico e di lunga durata – può facilmente essere accompagnato da depressione e portare ad un abuso di alcol, caffeina, stimolanti ed altre sostanze.

Diagnosi:
Per la diagnosi di un Disturbo d’Ansia Generalizzato, la caratteristica essenziale del quadro – la presenza di preoccupazioni eccessive inerenti la maggior parte delle comuni attività del soggetto – deve occupare la maggior parte del tempo. La persona non è capace di controllare tale attesa apprensiva. Sono inoltre necessari almeno tre dei seguenti sintomi:
  • Irrequietezza;
  • Affaticabilità;
  • Irritabilità;
  • Difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria;
  • Tensione muscolare;
  • Sonno irrequieto, insoddisfacente o difficoltà ad addormentarsi.