Baby Influencers: Chi sono?
Baby influencers: chi sono e che cosa fanno sui social
Li chiamano micro-microcelebrities, mini influencers, kid influencers o più spesso baby influencers. Non si tratta solo di figli di persone famose: i baby influencers più famosi infatti sono sconosciuti.
Oltre oceano è un fenomeno consolidato e frutto di scelte mirate per ottenere un ritorno economico dall’attività sui social, quasi sempre gestiti da genitori-manager (si parla di “sharenting”: la condivisione di post con i propri figli). Che si tratti di vlog su Youtube o di immagini su Instagram, i contenuti variano da foto con capi e accessori alla moda o, invece, semplici episodi di vita quotidiana.
Perché i baby influencers hanno successo?
Una spiegazione potrebbe risiedere nella spontaneità, nella messa in scena di pezzi di vita di persone comuni, autentiche, che si mostrano così come sono, “celebrità ordinarie”, come le definisce Abidin (2015; 2017), perché danno l’impressione che non ci sia nulla o quasi di artefatto in ciò che condividono. E’ questa autenticità che comunica un senso di connessione e somiglianza. Anche se le produzioni sembrano amatoriali (gli sfondi, le pose) si ha invece un livello di competenza digitale e tecnologica molto alto. Per trasmettere un senso di continuità, vicinanza e fidelizzare i followers, i post vengono pubblicati a cadenza quasi giornaliera, con contenuti semplici e tratti dalla vita quotidiana. I contenuti sono adattati per essere ben fruibili su tutte le piattaforme e i device in diversi formati.
Pubblicità e futuro
Un ampio numero di followers vuol dire anche arrivare all’attenzione dei brand. La monetizzazione dei post è un mercato in crescita che sfrutta proprio quel senso di fiducia e di appartenenza. Gli influencers provano personalmente dei prodotti e pubblicano post in cui li descrivono accuratamente, ne descrivono l’uso che ne hanno fatto e le caratteristiche. I prodotti più sponsorizzati sono principalmente di moda, bellezza, alimentari, viaggi, elettronica. Anche per i baby influencers con un buon numero di followers (in media a partire da 40.000) si aprono le porte della commercializzazione dei post con ottimi riscontri e potenzialità: l’importante nicchia di mercato dei prodotti per bambini e per famiglie. A volte assistiti da agenzie, più spesso da genitori-manager, questi bimbi vengono ritratti mentre mangiano un certo snack, mentre scartano un determinato gioco, fruttando consistenti compensi per i genitori.
Al di là dell’aspetto economico, cosa comporta questa continua esposizione mediatica per i piccoli? Essendo un fenomeno recente, lo scopriremo tra un po’, quando sapremo che fine hanno fatto queste piccole star del web. Ci sarà anche da capire come reagiranno a tutto quel materiale pubblicato senza il loro consenso. Le tracce che lasciamo online rimangono e non sappiamo per quanto e a chi rimangono disponibili. Per il momento questo sembra un prezzo da pagare non troppo alto; probabilmente questa diventerà una tematica oggetto di discussioni più approfondite in futuro, quando quelli che oggi sono bambini diventeranno adulti consapevoli.
Bibliografia
Li chiamano micro-microcelebrities, mini influencers, kid influencers o più spesso baby influencers. Non si tratta solo di figli di persone famose: i baby influencers più famosi infatti sono sconosciuti.
Oltre oceano è un fenomeno consolidato e frutto di scelte mirate per ottenere un ritorno economico dall’attività sui social, quasi sempre gestiti da genitori-manager (si parla di “sharenting”: la condivisione di post con i propri figli). Che si tratti di vlog su Youtube o di immagini su Instagram, i contenuti variano da foto con capi e accessori alla moda o, invece, semplici episodi di vita quotidiana.
Perché i baby influencers hanno successo?
Una spiegazione potrebbe risiedere nella spontaneità, nella messa in scena di pezzi di vita di persone comuni, autentiche, che si mostrano così come sono, “celebrità ordinarie”, come le definisce Abidin (2015; 2017), perché danno l’impressione che non ci sia nulla o quasi di artefatto in ciò che condividono. E’ questa autenticità che comunica un senso di connessione e somiglianza. Anche se le produzioni sembrano amatoriali (gli sfondi, le pose) si ha invece un livello di competenza digitale e tecnologica molto alto. Per trasmettere un senso di continuità, vicinanza e fidelizzare i followers, i post vengono pubblicati a cadenza quasi giornaliera, con contenuti semplici e tratti dalla vita quotidiana. I contenuti sono adattati per essere ben fruibili su tutte le piattaforme e i device in diversi formati.
Pubblicità e futuro
Un ampio numero di followers vuol dire anche arrivare all’attenzione dei brand. La monetizzazione dei post è un mercato in crescita che sfrutta proprio quel senso di fiducia e di appartenenza. Gli influencers provano personalmente dei prodotti e pubblicano post in cui li descrivono accuratamente, ne descrivono l’uso che ne hanno fatto e le caratteristiche. I prodotti più sponsorizzati sono principalmente di moda, bellezza, alimentari, viaggi, elettronica. Anche per i baby influencers con un buon numero di followers (in media a partire da 40.000) si aprono le porte della commercializzazione dei post con ottimi riscontri e potenzialità: l’importante nicchia di mercato dei prodotti per bambini e per famiglie. A volte assistiti da agenzie, più spesso da genitori-manager, questi bimbi vengono ritratti mentre mangiano un certo snack, mentre scartano un determinato gioco, fruttando consistenti compensi per i genitori.
Al di là dell’aspetto economico, cosa comporta questa continua esposizione mediatica per i piccoli? Essendo un fenomeno recente, lo scopriremo tra un po’, quando sapremo che fine hanno fatto queste piccole star del web. Ci sarà anche da capire come reagiranno a tutto quel materiale pubblicato senza il loro consenso. Le tracce che lasciamo online rimangono e non sappiamo per quanto e a chi rimangono disponibili. Per il momento questo sembra un prezzo da pagare non troppo alto; probabilmente questa diventerà una tematica oggetto di discussioni più approfondite in futuro, quando quelli che oggi sono bambini diventeranno adulti consapevoli.
Bibliografia
- Abidin, C. (2015). Micromicrocelebrity: Branding Babies on the Internet. Journal of Media and Culture, Vol. 18, n. 5, October.
- Abidin, C. (2017). #familygoals: Family Influencers, Calibrated Amateurism, and Justifying Young Digital Labor. Social Media + Society. April-June 2017: 1–15.
- Kids Digital Media Report 2019. PWC. Available here.
- Pedersen, I., Aspevig, K. (2018). Being Jacob: Young Children, Automedial Subjectivity, and Child Social Media Influencers. Journal of Media and Culture, Vol. 21, n. 2.